Tinder ai tempi del Karaoke

Dieci anni fa:

Ricordo che avevo dormito.

Scomoda, nel lettino a cassetto in cameretta di mio fratello, con mio fratello a fianco che russava, ma avevo dormito.

Quella mattina il cielo era plumbeo, il mio vestito fucsia era inaspettatamente largo, nemmeno il tempo di un caffè e già iniziava il fermento.

I miei fratelli litigavano per il bagno, mia cognata era alla ricerca di un giacchetto, la parrucchiera alle 8, la mia amica Gab alle 7 per truccarmi, le pizzette e i biscotti, gli amici che iniziavano ad arrivare e mio padre che va a far lavare la macchina, l’arrivo del bouquet costato più del vestito, le rose in regalo dal mio futuro sposo.

Arale e la Betty in camera con me fino al momento di uscire, volevo solo loro, non tolleravo mia madre, ero felice, ero triste, volevo che tutto andasse bene, alla fine era solo un giorno di festa.

I fiocchi bianchi, i sacchetti del riso, io che mi sento inadeguata ad andarmene in giro con un mazzo di fiori in mano, “vedi cosa tocca fare per farsi pagare un viaggio in Giappone”, pensavo.

In macchina mio padre si commuove, arrivati in municipio il fotografo mi massacra di flash, sento partire la musica di “In my life” dei Beatles e comincio a salire le scale, mi accorgo che mi tremano le gambe, mio padre ha fretta di fare l’ingresso, io vorrei solo che questo momento fosse più lungo, un po’ più del dovuto, ma ricordo tutti i volti degli amici che ho salutato fino ad arrivare al suo.

La testa inclinata, il suo sorriso e quell’improvviso bisogno di stringerci le mani mentre si dava inizio ad una delle cerimonie più comiche della storia, grazie al Sindaco analfabeta intento a leggerci una poesia d’amore scelta per l’occasione… indubbiamente fu lui il vero protagonista della giornata, i miei amici facevano la fila per una foto con Mister fascia tricolore.

Le mani intrecciate, il “sì, lo voglio” più deciso che abbia mai pronunciato, i baci, dieci, cento, mille, quella cretina di sua sorella vestita di bianco arrivata prima di noi al ricevimento, i camerieri che hanno iniziato a servire da mangiare lasciando i veri sposi a digiuno.

Il nostro ballo, e lui che mi pestava i piedi, le mie scarpe nascoste, gli scherzi, quell’anello al dito, i sorrisi e casa nostra così piccina, dormire nudi, stretti, attaccati, l’uno dentro l’altra ripetendoci “per sempre”, crederci.

 

Un anno fa:

-“Ti consiglio di andarlo a prendere subito quel certificato, così possiamo fissare l’udienza entro Febbraio”-

-“ma proprio oggi?”- chiedo all’Avvocata profumata di Chanel n°5, guardando mia cugina Fefe con la faccia di chi sa che un giorno vale l’altro ma il comune è proprio qui dietro e adesso ci metterei cinque minuti.

Entro a razzo all’anagrafe faccio la mia richiesta alla responsabile, la stessa impiegata che aveva sbrigato tutte le pratiche nove anni prima, non c’è bisogno di spiegazioni, la mia faccia parla da sola.

Esco stringendo quel foglio di carta, stringendo gli ultimi 9 anni della mia vita, scendendo le scale le gambe cedono e Fefe mi massaggia la schiena mentre non riesco a fermare le lacrime.

La mia macchina vintage va da sola, Everybody hurts, il sole è accecante (hold on), il profumo della mia Avvocata mi ha dato alla testa (hold on), mi fermo ad uno stop e sto singhiozzando, fa un male cane, un male indescrivibile, sapere che di quella felicità non rimane nient’altro che questo, che questo giorno sto male solo io, che lui ha prenotato l’albergo con Jackie anche oggi, e che a Febbraio se ne andranno ad Amsterdam.

-“La porta di casa è una bastarda”-

Richiusa dietro di me, mi appoggio con la testa e scatto una foto che diventerà l’ennesimo autoritratto.

Spotify, Claudio Baglioni, opzione repeat, rovescio tutte le foto sul tavolo e “gli occhi tuoi per sempre nei miei occhi”, il segno ancora visibile dell’anello, rivedo Parigi, rivedo Praga, Milano, Ferrara, Budapest, Kyoto…la nostra piccola casetta nel castello, le attese, le cenette, i nostri festini, lui che beveva birra, io che fumavo erba, noi che ridevamo, che ballavamo, il sesso fantastico che facevamo, quell’essere in sintonia su tutto, la musica, la terza stagione di Lost, le mie piantine che crescevano, i traslochi felici, i nuovi amici, i traslochi tristi, i veri amici, il figlio che avremmo voluto e che abbiamo perso, il vuoto e il viso spento, i suoi tentativi di farmi ridere, le liti, le incomprensioni, il bisogno di spazio, la perdita del lavoro, l’insofferenza, i miei tentativi di farlo ridere, le accuse, gli abbracci, i chiarimenti, le riprese, le feste a sorpresa, i traslochi stanchi, i miei amici, i pensieri rivolti ad un altro uomo come un rifugio mentale, le innocenti evasioni, le mancanze, i vestiti stretti, le occhiate sfuggenti allo specchio, quel riflesso inaccettabile, i rifiuti, le notti insonni, le battute fuori luogo, l’incidente e la paura di essere troppo stanchi per affrontarlo insieme.

Conservo quello che voglio tenere, cancello quello che voglio cancellare. E sto male, come chiunque ci abbia creduto quel tanto, merita di stare.

Oggi:

Non è ancora sorto il sole ma ieri sera non ho chiuso le serrande, sento la sua sveglia, lo sento scendere al piano di sotto, anche se tenta di far piano, ormai lo sa, che ho il sonno leggero…sì, l’ho sentita bene la puzzetta che ha smollato poco fa nel mio letto.

Scendo anche io, ho tutta la mattina per dormire, lui sta lavorando un po’ al tavolo, in mutande, preparo il caffè.

Il suo accappatoio, le sue cose, in bagno…si è fatto la barba, ieri è andato ad una riunione ed è tornato, abbiamo passato insieme due notti, abbiamo anche visto la partita della Roma sul divano, lui usava le mie tette come antistress, ogni tanto mi giravo a guardarlo, lo ammetto.

-“ahia, la Roma perde…non è che me fai come Mandrake?”-

EtaBeta mi piace, è un dato di fatto questo, come la limonata al limone.

Ridendo e scherzando questa storia va avanti da sei mesi, con momenti di slancio, momenti di vicinanza, distanze giuste, soccorso anti depressione.

Anche lui, forse non lo sapete, è una persona ferita dalla fine di una storia, io e lui non abbiamo molto in comune ma sul piano emotivo siamo identici.

Si dice che non si dovrebbe mai cercare qualcuno per bisogno, si dovrebbe cercare qualcuno per voglia.

Eppure quando due settimane fa mi ha chiamata dopo aver svuotato il garage della sua ex, ho dovuto fare uno sforzo sovrumano per non ricadere nella mia innata vocazione di ancora di salvezza.

Del resto, quel giorno ero già abbastanza in tensione a causa di un bizzarro appuntamento preso con Onassis:

-“domattina ti lascio la chiave nella cassetta della posta, stai pure coi cani quanto vuoi, io me ne vado a pranzo dai miei”-… no, non volevo proprio vederlo.

E infatti, invece di arrivare alle 11.00 come stabilito, ecco che alle 9.30 sento bussare alla porta… sia santificata la mia lungimiranza nel fermare EtaBeta la sera prima, Onassis si aggrappa subito al suo personalissimo salvagente con una notizia shock: sta morendo.

Ok, non sta morendo, ma sta male…è stato dal medico che gli ha detto che è a rischio infarto da un momento all’altro, e se non cambia stile di vita al più presto, ai famosi 50 non ci arriverà mai.

-“Mi sento veramente a pezzi Norma, ho realizzato in quel momento che morirò da solo”-

Sì.

Jackie lo ha mollato un’altra volta.

Sì.

E’ ingrassato ulteriormente, la birra è diventata la sua migliore amica, il cialis e gli hamburger hanno fatto il resto, vivere con mammà poi di certo non aiuta, tra lasagne ai trigliceridi e involtini di colesterolo.

Perché? Perché ti presenti prima per venirmi a dire queste cose? Perché mi ritrovo a piangere per la tua condizione, tu che non meriti nemmeno una lacrima? cosa diavolo ti fa sentire in diritto di soffocarmi ancora con i tuoi problemi e perché pensi sempre che io ti salverò? Quanto cazzo è difficile andare contro la mia natura da supereroina che per anni ti ha difeso da te stesso, trascurando sé stessa.

Ma soprattutto… ci mancava solo che grazie alle tue fottute illuminanti epifanie, mi ritrovi a riflettere sul fatto che anche io sono destinata a morire da sola, magari circondata da gatti dentro una roulotte nel bosco, prendendo il posto del matto eremita del paese, mi toccherà andare a caccia di cinghiali e lepri, col fucile, e fino al mio ultimo giorno puzzerò di sterco di capra, mi cadranno tutti i denti e diventerò la leggenda del luogo, il mostro, la strega della vecchia rupe che beve sangue di vipera e opera malefici su chi si avvicina.

Solo la Poliziotta verrà a trovarmi con il pandino 4×4, portandomi uova e pere ed io gliele tirerò appresso gridando “andate viaaaaah, voglio restare solaaaaaah” 

-“In frigo ho solo uova e pere, fa come se fossi a casa tua, stai quanto vuoi, avvisami quando te ne vai. A questo punto porto via la chiave.”-

Quella sera rientrare a casa fu estremamente difficile, la tentazione di chiamare EtaBeta era forte ma poi cosa avrei ottenuto? no, pessima idea…meglio rimanere così, ci si vede martedì sera.

E martedì sera diventa anche mercoledì sera…“che mercoledì ho una riunione di lavoro dalle tue parti, se ti va facciamo la doppietta, lascio la borsa a casa tua…”

Ora…finché si sta nella famosa bolla occasionale va tutto bene, ma fa un po’ strano svegliarsi presto e andare a lavorare, tornare a casa e trovarlo in mutande che fuma al pc, mentre beve il caffè, farsi prendere dalla pornocellula, poi salutarsi e dire “a stasera, ordino una pizza per le otto e mezzo”, andare di nuovo a lavorare, tornare, aspettare il suo rientro, guardare la partita abbracciati sul divano come se fosse la cosa più normale del mondo, farsi riprendere dalla pornocellula, addormentarsi, svegliarsi,sentirlo scorreggiare, trovare le sue cose in giro, preparare il caffè la mattina e non vedere l’ora che lui sparisca per riappropriarmi dei miei spazi.

Se non fosse per la pornocellula direi che non c’è tanta differenza con il matrimonio.

Aghhhhhhhhhh, no! no! no! il panico vero.

Mica staremo andando in questa direzione? Urgerebbe il discorsetto “non innamorarti, io sono un casino”, da ripetere come un mantra, ciancicando chewing gum, ma odio dovermi ripetere e non sopporto che si ripeta lui, che cavolo, manteniamo un atteggiamento distaccato… tanto il suo lavoro lo porterà chissà dove in giro per il mondo e non sarò certo io a salvarlo, soprattutto non sarà lui a salvare me, io mi salvo da sola, “andate via tuttiiiiiii” grido dall’alto della mia montagna lanciando frutta e vipere morte in aria, sparando fucilate.

-“Ciao ragazza, ti faccio sapere”-

Menomale, siamo ancora al ti faccio sapere/ ci aggiorniamo, vediamo di non abituarci e no, il cassetto per lui non lo libero, ma stiamo scherzando?

Passo la mattinata a dormire, mi sveglia la Poliziotta che mi trova in uno stato di beatitudine (eh beh, a qualcosa sto EtaBeta servirà pure), si chiacchiera un po’, sistemo un po’ casa, vado a lavorare nel pomeriggio e piano piano passa, piano piano torno alla mia routine, mi faccio una cantatina col Socio su Smule che è la fissa del momento.

Avete presente il Karaoke? Ecco, non è nient’altro.

Il bello è che mi ritrovo a cantare con perfetti sconosciuti, Socio a parte, i miei preferiti sono quelli che ci credono, quelli che stanno tutto il santo giorno chiusi in casa a cantare, così mi perdo in duetti allucinanti tra un Battisti fatto da un francese e un filippino che non ha idea di cosa sia la metrica.

Cazzeggio un po’ in chat, mando le mie prestazioni a chi le apprezza, tipo il Drugo, con il quale condivido un’insana passione per il pattume televisivo, cinematografico, internettiano, musicale.

Naturalmente si cade spesso nella confidenza quando butta così…

-“Rientro a casa alle 8 e me lo trovo in mutande che prepara il caffè, si fa la doccia, va in città per una riunione di lavoro, io all’una torno a lavorare, rientro alle cinque e mezzo, lo aspetto, prendiamo una pizza, guardiamo la partita sul divano e mi ritrovo in una relazione. Quando è successo non lo so.”-

-“Hahaha, se non lo sai tu! Parlatene…può essere divertente. Per cinque minuti, però. Non farti domande, magari falle a lui!”-

-“Mah…considera che appena tornato si è messo a parlare di un contratto all’estero, che lo porterà via per mesi, forse anni. Non so quanta voglia ho di parlarne, preferisco continuare a pensare che non stiamo insieme.”-

-“Lo capirete senza troppe ciance allora…”-

-” certo adesso mi manca, ma domani andrà meglio”-

-“Però sta andando bene, giusto?”-

-“Mettiamola così: ho realizzato solo adesso, guardando la data sul display, che oggi è il mio anniversario di matrimonio. Un anno fa l’ho passato a passare in rassegna le foto con Baglioni in sottofondo a nastro. Direi che va più che bene”-

-“Mettiamola così: sei guarita.”-

Forse sì, forse sono guarita davvero, ha ragione Drugo.

Non mi sono lasciata morire, non mi sono arresa, ho una paura maledetta ma questa paura è mia amica e non ho bisogno di un’ancora di salvezza a forma di uomo, le mie ancore di salvezza me le sono andata a cercare dentro di me, per esempio adesso sto scrivendo e ogni volta che scrivo mi salvo un po’.

Come mi salvo un po’ cantando stonata vecchi brani col Socio su Smule.

Come mi salvo tutte le volte che tento di tirar su il morale a quegli amici che si sono fatti in quattro per me, perché se si vive insieme e si muore soli, tanto vale cercare di ridere il più possibile delle nostre disgrazie…anche se non c’è un cazzo da ridere.

Del resto basta condividere con loro le mie performances al karaoke, EtaBeta compreso.

Ci vuole leggerezza canto, questa sera…la respiro come fosse aria, non intendo chiudermi più, prenderò quello che succede, custodirò i ricordi belli, custodirò quel dolore che mi ha trasformata nella persona che sono adesso, che non è certo perfetta, che ha dei limiti, che umanamente cerca di aggirare gli ostacoli ma che tra l’entrare in acqua in punta di piedi e un tuffo a bomba sceglie sempre il tuffo a bomba.

La vita è una bella donna che si dà, soltanto a chi la tratterà con più ottimismo...ed io voglio tenermela stretta questa vita amici miei, se poi un giorno dovessi arrendermi cercate la Poliziotta: con una visita guidata, in gita col pandino 4×4, vi condurrà lassù a cantare con me 😉

 

 

 

 

 

P.S. D’ora in poi la Callas canterà ogni due martedì alle ore 10.00, vi ringrazio ancora tantissimo per tutto l’affetto che sto ricevendo per questa rubrica, vi voglio un bene matto.

Norma

 

 

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