Tinder ai tempi del colera

Le relazioni umane nella maggior parte dei casi sono patologie che si incontrano.
E’ questo il vangelo secondo la Clara, mentre per sopperire all’inevitabile down della mancanza di EtaBeta sorseggiamo un cocktail di frutta esotica color sangue, in un gelido venerdì pre-Halloween, all’aperto, a lume di luce perpetua.

Quasi un mese dalla rottura, quasi un mese di silenzi intervallati da messaggi inoltrati e canzoni scritte “apposta per me”, di mancanza di quel poco che c’era, di orbiting su facebook e notizie sconcertanti: EtaBeta non parte più.
Ho chiuso l’app di Tinder, il mio profilo è nascosto.

Almeno per un po’ non voglio più saperne niente di barcamenarmi tra buongiornissimi e che fai nella vita.

Non è il momento di scacciare via il chiodo, ci ho provato ma tutto quello che poteva apparire interessante si è poi rivelato un venditore di tisane no-vax. Non ce la posso fare.

Ci sono cose che rimarranno per sempre così, non ho rimpianti, non rimpiango di essere fuggita al momento sbagliato, di aver insistito col “sono un casino”, di aver dato un taglio, anche se mi ero illusa che si potesse rimaner sospesi in eterno nella bolla, perché è questo che mi manca, quella bolla.
“Avevo dato un appuntamento a Ted Mosby, ma lunedì gli ho dato l’ennesima buca, fingendo una febbre da cavallo”-
-“Anzi che te lo sei ricordato…ma scusa, se non ti piace perché insisti con quel maniaco?”-
-“ma dai, non è un maniaco! ha solo sta cosa che mi manda le foto del pisello quando mi pensa, per il resto è simpatico, uno che prende le cose con leggerezza, ma niente…non è il caso”-
-“che avete fatto l’ultima volta che vi siete visti?”-
-“mh…vediamo, sarà stata la fine di agosto…è venuto lui da me, un pomeriggio, abbiamo scopato e guardato Saving Mister Banks, gran bel film!”-
-“di cosa avete parlato?”-
-“mah…un po’ di musica, di ex, di film”-
-“c’era l’anauanauei?”-
-“No. L’anauanauei è bandito per sempre, ne ho avuti troppi di momenti così, di fuochi di paglia…EtaBeta è stato l’ultimo anauanauei della mia vita”-
-“E come fai senza monte, estate, stelle e birra?”-
-“Monte, estate, stelle e birra.”-

Questa del monte d’estate, delle stelle e della birra è il riassunto della perfezione, perché abbiamo tutti, da qualche parte, un ricordo da custodire, e quello è il mio.
Monte, estate, stelle e birra.
La Clara lo sa, anche se raramente ne parlo con le amiche, secoli orsono, sono stata ad un passo dal tradire Onassis.
Un po’ come in Inside-Out, quando il cervello della madre di Railey proietta il pilota brasiliano, io ripercorro quella notte sul monte, d’estate, con le stelle e la birra.
E lui, quel ragazzo Folgorato, che mi dice che le cose sono due: o torniamo a casa e ci pensiamo, oppure ci baciamo, torniamo a casa e ci pensiamo.
E non lo so, non lo so perché le cose sono andate come sono andate, perché fu così facile, circa due mesi dopo, sposare Onassis.
Cancellare quell’attimo di quasi follia durato circa tre giorni, quando mancava poco al passo cruciale, come a voler interpretare i segni del destino.

Di quella notte ricordo poco e nulla, sarà per questo che ogni volta che vedo una stella cadente mi viene un coccolone?
Il Folgorato era un amico dell’ex ragazzo di Alotta, un tipo assurdo…sia lui, che l’ex ragazzo di Alotta, “L’Attorone”.
Capitarono tutti e tre, una sera a casa mia e di Onassis, una di quelle sere in cui Onassis era dai suoi, io stavo scrivendo a mano le partecipazioni del mio matrimonio.
Si fermò a guardare i miei disegni, fatti su ogni foglio, riconobbe il simbolo delle due metà, quello che si vede nel film di Hedwig and the angry inch.
La cosa mi stupì non poco, quel film ero convinta l’avessimo visto in due in tutta Italia, adesso in tre.

Magari saremmo pure 120, ma quante probabilità c’erano di beccarne uno, accettare di sposarlo e poi trovarne un altro di quei 120?
Alto ma non troppo, non magro, non grasso, occhi nocciola con sprazzi di verde, barba incolta, capelli ricci e scuri di chi ha preso la scossa.

Maglietta nera, pantaloni lunghi e una felpaccia grigia con cappuccio, perché l’idea era quella di andare sul monte a guardare le stelle.
Qualunque discorso si facesse parlavamo solo noi, l’Attorone, con fare spocchioso tentava di entrare nella conversazione e in un campo che da sempre, è il mio campo: il trash.
Uno che in macchina ha un cd con il meglio della musica italiana anni 80, che spazia tra Toto Cutugno, Scialpi e Affittiamoci un canotto di Renato Zero.
Uno che canta insieme a te, Semplice di Gianni Togni e la sa pure a memoria e non se ne vergogna, anzi ne va fiero…e sta due ore a parlarti di manga e anime, di dorama giapponesi, uno che ti cita “il risotto con le erbette è il mio piatto preferito” e che sì, somiglia pure un po’ a Gioele Dix che imita Alberto Tomba.
E non venitemi a dire che è una connessione che potresti sviluppare con chiunque, perché sì, è vero e lo so, avete ragione voi, ma allora ero convinta che l’uomo della mia vita dovesse avere queste caratteristiche e sapere a memoria tutte le scene di Viuuulentemente mia, ridere quando gli fanno “sai chi ti saluta tantissimo?”, adorare Lost in translation, preferire il vino alla birra e il mare alla montagna, considerare la Settimana del festival di Sanremo come una specie di Natale bis.
Adesso è più o meno la stessa cosa, aggiungendo la venerazione per Franca Leosini.

-“Noi siamo stanchi però, torniamo a casa, non si vedono nemmeno le stelle”-
-“Ti va una birra? poi ti riaccompagno io”- chiede lui mentre scarica il resto della truppa davanti casa dei miei, dove erano ospiti.
-“Dai!”-
-“Che fai Norma? tra due mesi ti sposi…”- lo sguardo di Alotta parla da solo, del resto lei è la cugina che da sempre mi presta gli occhi quando io sono cieca.
-“Tranquilla dai, è solo una birra…ci sentiamo domani”- rispondo telepaticamente, senza nemmeno rendermene conto perché davvero, non me ne rendevo conto.

Non mi rendevo conto che non avevo altro che quei duecentottanta discorsi, che invece di andare al pub comprammo quattro tennett’s al baretto sotto casa e filammo nuovamente dritti sul monte cantando a squarciagola “Come stare fuori dal tempo quando fuori è mattina presto”, e che non ridevo così da tanto, tanto tempo,  immersa com’ero nei preparativi di un giorno che si avvicinava sempre di più, ma che sembrava ancora lontano.

Non mi rendevo conto, che il tempo quella notte non passava e la mia felpa hippie era troppo poco spessa mentre il vento fumava le nostre sigarette e mi pungeva la faccia.

Che in meno di due ore gli avevo già raccontato tutto il raccontabile, dalle scorribande della mia adolescenza in città, alla nostalgia per l’Irlanda, fino all’incontro con Onassis e al colpo di fulmine che ci aveva colpito…ci sarà un motivo se ancora oggi mi incazzo così tanto ogni volta che il mio ex marito tira in ballo le tappe bruciate.

E non me ne sono resa conto finché non è stato lui a farmi notare che eravamo abbracciati, e no, non stavamo nemmeno broccolando, semplicemente faceva freddo.
Fatto sta che una stella cadente squarciò il cielo proprio in quel momento lasciandomi senza fiato.
Quanto cazzo era fottutamente bello vivere.
Verso le quattro di notte la domanda “e adesso aspettiamo l’alba?” non era nemmeno stata formulata, la domanda era “ma adesso come facciamo a salutarci?”
E passare da Gianni Togni ai Radiohead fu un attimo, perché davvero eravamo due patologie che si incontravano e che poi non si sarebbero più incrociate.
“Le cose sono due…”
“O andiamo a casa e ci pensiamo, o ci baciamo, torniamo a casa e ci pensiamo.”
Il suo sorriso che si apre in quel momento ed io, oggi stupida io, che quella notte vedo chiara la faccia di Onassis e mi sento morire dentro mentre Thom Yorke si lamenta.

Abbasso lo sguardo e pronuncio quel “no”, che all’epoca era così naturale e sincero ma che ad oggi mi fa riflettere sul fatto che di treni me ne son passati davanti, mentre ero ferma alla banchina aspettando che Onassis scendesse.
In entrambi i casi, me ne sarei pentita e la ragione prevalse dopo cinque ore di smarrimento totale.
Tornata a casa, ascoltando il consiglio del Folgorato non ho fatto che pensarci, a come sarebbe stato abbandonarmi ad un bacio che probabilmente volevo più di quanto volesse lui.

Ma non c’erano “casini”, non c’erano quelle frasi da fiction e quelle promesse che dieci anni dopo avrei dovuto imparare a fare per difendermi dall’incognita.

Ed erano gli ultimi giorni, tante cose da organizzare, inviti da portare, vestito da provare… improvvisamente non avevo più voglia di fare niente.
Quando partirono, due giorni dopo, non andai nemmeno a salutarli, dovevo lavorare, annaffiare i geranei, dar da mangiare ai pesci, pensare a lui guardando il soffitto ascoltando “no surprises” che era anche solo un suicidio baciarsi con quel suicidio in sottofondo.
Cercavo una stabilità, Onassis era la stabilità.
La domanda è: Siamo quello che attiriamo?

-“Come è finita con EtaBeta?”-
-“Ci siamo semplicemente detti addio, un bacio d’addio e grazie di tutto”-
-“Un bacio…bello però”-

Sì, tutto molto bello, anche poetico se vogliamo, ma fondamentalmente abbiamo rotto perché lui doveva partire, invece adesso non parte più.

E forse erano tutte fregnacce.

Come dovrei sentirmi se non stupida e raggirata…io che mi ero perfino illusa di aver imparato a chiudere una storia, ecco che  appena EtaBeta mi chiama per darmi la notizia proponendomi di festeggiare ammonto una scusa e mi passo il sabato sera sul divano a guardare Portobello, non ha proprio minimamente capito che era meglio evitare di cercarmi come se nulla fosse.

Ma deve dirmi qualcosa? E cosa? Che con me stava bene oppure che gli serve un posto dove passare la notte tra una tappa e l’altra del suo lavoro? Il tempo ha fatto il suo dovere, mi ha dato modo di riflettere non poco sul fatto che sicuramente ad EtaBeta convenisse avere un porto sicuro dove fermarsi a metà strada. Ma io non sono un B&B e comincia a far freddo a Poverolandia, non sono attrezzata per l’inverno.

-“io non ti capisco, a me pare che cercandoti lui abbia fatto comunque un gesto: non parto più, voglio vederti”-

-“Ed io l’ho invitato alla mia festa di compleanno, se avrà il coraggio di venire ne prenderò atto…ma dubito che lo farà”

-“A me EtaBeta piace, certo mi pare un filino squilibrato ma se sentivi l’anauanauei perché smettere di punto in bianco di provarlo?”-

-“Sì, bello quel sabato prima di Pasqua, belle le nostre serate, bello cantare su Smule, ma non c’era il monte, la birra e le stelle”-

-“HAHAHHAHAH, il Folgorato! ma sai che l’ho rivisto!”-

-“Non mi dire! Alotta tu sei veramente i miei occhi, pensavo a lui proprio in questi giorni, lo accennavo alla Clara proprio ieri”-

In un’epoca di social network, dating app, e foto di frittate postate su instagram, l’unico cristiano che non sono mai riuscita a trovare è proprio lui.
Quello stronzo dell’Attorone ha la lista degli amici bloccati ed ovviamente con Alotta si lasciarono prima di Facebook, Alotta non ricordava il cognome…tutto quello che so di lui risale a dieci anni fa.

-“Beh, non vuoi sapere come sta?”-

-“Ma sì, tanto ho appena rotto una non-relazione che funzionava alla grande, ho proprio bisogno di sapere che il mio Amore ai tempi del Colera, il mio Florentino Ariza, si è sposato, con una che mangia melanzane, con una bella casa e due bimbi ricciolini e felici”-

-“Ti vorrei dire che non è così, anzi te lo dico: non è così! e poi le melanzane le hai sempre mangiate anche tu!”-

-“Non fare la stronza e dimmi che è single, panzone, depresso e possibilmente non donnaiolo come Florentino Ariza”-

-“Single non so, l’ho rivisto a marzo ma allora almeno la panza era sopportabile, cercalo tra i miei amici di Facebook, si chiama Folgorato XXXXXXX, ad occhio e croce non mi sembra un donnaiolo, anche se ha del potenziale”-

 

E dopo dieci anni di “riso-sorriso-me viè da ride- qui nun ce sta niente da ride” finalmente ho il suo cognome.
E la sua vita è tutta qui, stretta in un pugno di foto di viaggio, con amici, da solo, qualche selfie in macchina, qualche cena di lavoro, vive ancora a Roma, va ai concerti, posta canzoni, magari ogni tanto se la ricorda, quella cretina che gli ha dato il due di picche sul monte.
Negli anni quella faccia si faceva sempre più sbiadita, sempre più fuori fuoco… adesso è qui, davanti a me, la possibilità di stabilire un contatto e quella paura che non sia come prima.
Ma poi…il dubbio.

-“Dimmi una cosa però…quando lo hai incontrato a Marzo ti ha forse chiesto di me?”-

-“Norma, hai rotto il cazzo. Ti ricordo che tra due settimane compirai quarant’anni”-

-“Ha chiesto di me o no?”-

-“No. Ma per un semplicissimo motivo”-

-“Ossia…”-

Perché era così che volevo.
Perché passata quell’attimo avevo la certezza assoluta di aver preso un abbaglio, che se non avessi ricacciato via quel pensiero avrei perso l’uomo che aveva tutte le caratteristiche sopra indicate, in più suonava la chitarra e porca miseria, con Onassis l’anauanauei lo sentivo e l’ho sentito per tantissimi anni della mia vita, anche verso la fine, c’erano dei momenti in cui ci chiudevamo nella nostra bolla e ci ritrovavamo a parlare per ore, tornando quello che eravamo… con la convinzione di poter superare tutto perché eravamo noi.

Aggiungi agli amici.
Richiesta d’amicizia effettuata.
Folgorato XXXXXXX ha accettato la tua richiesta d’amicizia, scrivi qualcosa sul suo diario.

Ma lo scrivo sul mio…

“Torniamo a casa e ci pensiamo.”

Folgorato XXXXXXX ha aggiunto una reazione al tuo post… <3

 

 

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5 commenti su “Tinder ai tempi del colera

  1. Regina del celebrità il said:

    Cara Norma, a confronto sliding doors è una puntata di George la scimmia!
    Quanto mi fanno sognare questi sospesi di vita! Chissà se… E se lui… E se io… Ma preferisco sempre lasciarli nel mondo del fantastico, dell’immaginario. Forse perché ho paura di romperli, di perderli, di togliere loro la magia da cui sono avvolti. O di certo perché sono convinta che viverli adesso non sarebbe lo stesso. Perché io non sono più la stessa, i miei sogni, i miei bisogni, i miei desideri non sono più gli stessi. E allora li lascio lì, me ne servo nelle giornate tristi, sempre uguali, piene di bollette da pagare e vuote di emozioni perché mi fanno andare altrove come in un sogno. Di notte ci penso che dovrei portarli su un piano reale. “domani faccio quella telefonata, domani gli scrivo”. Ma quando torna il giorno torna il reale e torna la paura. Ma va bene così. Sono “chissà, se, forse” che sono parte di me ma ormai altro da me. E forse è così anche per il Folgorato. È stato un colpo al cuore il cuoricino al post ma non andrei oltre. Se non fu allora un motivo ci sarà stato. È più bello ricordare il monte le stelle e la birra così come erano 10 anni fa. Oggi sarebbe diverso, forse meglio chissà… Ma anche peggio.
    Un abbraccio grande

  2. che bel ricordo…dai sono sempre i migliori quelli del poteva essere ma poi non è stato..o poteva essere e poi ho detto no…
    restano proprio lì non se ne vanno…tra i monti e le stelle!

  3. Violetta il said:

    Anche io ho il mio personale “monte, estate, stelle e birra”. Penso ognuna di noi lo abbia… probabilmente oggi si rivelerebbe un fuoco di paglia (o forse no?) ma non vedo l’ora di sapere come andrà avanti la tua storia…. Appassionante! <3

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