Mio marito mi ha salutato e non è più tornato.
Ho scoperto i motivi della fine del mio matrimonio controllando ogni sua mossa sul suo Ipad.
Soffro come un cane e passo un’ intera estate a combattere il dolore fisico di un incidente stradale, lasciandomi sopraffare dal silenzioso rumore della rabbia e del sospetto.
Come Rocky, che prende pugni ma finisce l’ultima ripresa in piedi, ad un certo punto non ho sentito più nulla, mi ero come abituata.
Mi sono abituata al frigo vuoto, al thè caldo per cena, allo stomaco chiuso.
Al cambiamento e ai segni che lascia sul corpo, a sperare.
Sperare di farcela.
Per poi accorgersi di avercela fatta, perché oggi non fa più male.
Lo vedo finalmente per quello che non ho mai voluto vedere, perché in dodici anni ho visto altro, ed ero innamorata di un altro.
Spiderman aveva ragione.
Fottuta sindrome della crocerossina, non mi fregherai di nuovo!
-Basta con gli uomini da salvare.
Di lame affondate e stoccate improvvise, tribunali e magliette a fiori, orgasmi multipli e tuffi maldestri in piscina, illusioni e minuetti, canzoni stonate e baci, nuovi ruoli da interpretare nella mia vita, uscite disastrose e risate con gli amici.
Sono la protagonista, io che mi son sempre sentita comparsa.
Sono stata Topazio, sono stata l’uva, sono stata la Callas.
E tu invece anche stando solo, non riusciresti a tornare la persona interessante che eri… perché non ti interessa più.
-” Come sta tuo padre?”-
-” È fuori pericolo ma è parecchio debole. Mia sorella non è nemmeno passata a trovarlo, ne ha intenzione di rinviare il matrimonio”-
-” Quando tre anni fa ha avuto l’infarto ha fatto la stessa cosa, venne a pranzo da tua madre e poi andò ad una festa vestita da Marilyn”-
-” Era carnevale”– il tono sarcastico di chi ha capito che non ci si può aspettare altro dalla Meravigliosa Bubble.
-” già…ogni scherzo vale.“- sospiro, sorseggiando il mio thè al bergamotto, regalo del premuroso Charles Ingalls.
–“Tu come stai?”- ci domandiamo all’unisono con un po’ di imbarazzo, -“bene”– ci rispondiamo da soli, stemperando la tensione con una risatina sciocca.
Mi sembra impossibile percepire che volendo, potrei raccontarti tutto di me e di quello che mi succede, che forse ne avrei anche bisogno, perché c’è stato un tempo in cui ci capivamo con un solo sguardo.-“Non sono mai riuscita a nascondermi da quello sguardo.”-
-” Mi hai chiesto tu di venire stavolta e se ti conosco un po’, come credo, vuol dire che c’è qualcosa che puoi dire soltanto a me”-
-” Ho i documenti da farti firmare”-
– ” E…”-
-” E… sì, è un periodo strano, sono ad un passo dal realizzare qualcosa da sola ed ho paura. Per anni ho creduto di valere la metà di quel che sono mentre tu occupavi l’altra metà del letto. Ma non è colpa tua.”-
-” Non è colpa di nessuno, Norma. Tu non credevi in te stessa, ma credevi in me al posto mio. Pensavi che rendendoti indispensabile per gli altri saresti riuscita a stare bene. Ed io non volevo stare bene, io volevo essere felice.”-
-” È inutile che ti faccia la domanda che ti aspetti…”-
-” No, non sono felice. Anzi, so bene di essere solo un servo della gleba, so che lei mi tiene sulla corda finché non trova di meglio, so che mi sfrutta come autista e come compagnia.”-…-” Ma nonostante tutto non ho rimpianti.”-
Ed ha pienamente centrato il punto, quest’idiota di ex marito.
Mentre pone l’autografo sulla mia richiesta di divorzio e mi parla di Jackie come se fossi un’amica con cui confidarsi.
Non c’è rimpianto, non c’è rabbia, non c’è più dolore, solo una leggera nostalgia.
E se mi sveglio sola non mi domando più dove è mio marito.
Se mi sveglio con qualcuno non sono a casa mia.
Charles Ingalls non aveva niente di sbagliato ma a casa mia non ci è mai rimasto.
Dormire insieme a qualcuno lo trovo estremamente faticoso, anche con EtaBeta era così… notti lunghissime a sentirlo russare, spossata dal sesso, combattuta tra il voler rimanere abbracciata a lui per non perdermi nemmeno un momento, e il bisogno di pisciare e fumare.
-” Come va con questo tipo?”-
Umh…da dove cominciare? Pare brutto dire che Charles Ingalls aveva un pisello enorme e un cervello poco affascinante.
Che una sera mi ha presentato ai suoi amici come “la sua ragazza” e mi è venuto uno sfogo cutaneo.
Che quando gli ho chiesto di rallentare ci è rimasto talmente male da mettermi alle strette ed ho dovuto rompere.
Che parlava di futuro e manifestava desiderio di paternità ed io non avevo nemmeno fatto in tempo a spiegargli quel “piccolo particolare della mia vita che”.
Che l’ho incontrato al pub mentre ero con le amiche e quando sono andata a pagarmi la birra me l’aveva offerta lui, che si era già dileguato.
Che la stessa cosa è accaduta durante una cena con amici, serata in cui non mi ha nemmeno rivolto parola, salvo farmi un patetico occhiolino al momento di tirar fuori il portafoglio.
Che quando gli ho chiesto un appuntamento, mi ha risposto che doveva lavorare, di sabato sera, che lui fa il contadino…che cazzo coltivi? Pipistrelli?
Che quando ho saputo che si stava rimettendo assieme alla ex, di cui diceva peste e corna, ho capito che non voleva me, voleva una donna e basta.
-“E’ finita.”-
E mentre racconto con disinvoltura il mio ultimo disastro sentimentale da cui sono uscita pressoché indenne, mi accorgo che qualcosa nella faccia del mio interlocutore si fa scura.
Perché si riconosce nel presente di un uomo zerbino, che offre cene e viaggi ma che non riceve nulla in cambio, che ha vissuto l’illusione di un fidanzamento senza preoccuparsi di quello che lei voleva, che non vuole stare solo perché non sa stare solo.
E dalla sua non ha nemmeno un terreno agricolo o un pisello considerevole, Mister Cialis.
-” E insomma…stiamo divorziando davvero”- sospira, –“pensare che quella di non pronunciare mai la parola divorzio era l’unica promessa che ci eravamo fatti.”–
Come un fulmine a cielo aperto, lui si ricorda qualcosa che io avevo rimosso. Ed è la prima volta che succede, da quando abbiamo rotto.
Potrei gridare al miracolo, sorridere, fare qualche battuta al riguardo, ma poi lui potrebbe uscirsene con una delle sue solite sparate fuori luogo e no, non mi va di rovinarmi la Domenica, stasera ho un appuntamento importante.
-” Lo hai detto tu, sono cose che succedono.”- anche a noi, che presuntuosamente eravamo convinti non sarebbe accaduto mai.
Una coccola ai cani e una stretta di mano, mi allontano con i piccoli al guinzaglio mentre lui sta per mettersi in macchina, ci osserviamo a distanza come Jerry Calà e Marina Suma,
“un lampo negli occhi, ciao…d’accordo, fa male, ciao…ma tu…”
-“Un’ora, un giorno, una vita che cosa vuoi che sia…”- rido, facendo spallucce mentre mi verso un bicchiere di vino e mando un vocale alla Clara.
Poi alla Poliziotta.
-” Sto bene, amici miei, sono una quarantenne divorziata.”-
La Betty si è fidanzata con un tinderos, Arale ha cambiato lavoro e sta provando ad avere un figlio.
La Meravigliosa Bubble si sposa domani e la Jackie farà la damigella d’onore.
Vorrei essere una delle due noccioline che ha nella testa per vedere la scena…è un peccato perdersi il matrimonio del secolo.
Magari scampo ad una strage…col MattoVero che irrompe nella loggia massonica per impedire la cerimonia, mentre gli invitati lo allontanano, lapidandolo con le rosette.
Le vite degli altri vanno avanti tra svolte e stalli, il tempo scorre e l’unica libertà che abbiamo noi, esseri umani, è decidere come impiegare i nostri minuti.
Adesso, davanti a questo schermo, con Cocciante in sottofondo, so di non perdere tempo.
E se questa lacrima scende mentre digito parole, è la prova tangibile che sono viva.
E anche che sono capace di giungere ad un compromesso con me stessa, l’ho fatto, ho cancellato l’account di Tinder e bloccato tutti i contatti che ne son derivati.
E se non l’accetto non posso nemmeno usarla con gli altri.
E dire che “Ma ancora che vi innamorate? Ma non c’avete sonno?” era la frase preferita della Betty fino a qualche tempo fa.
Beh…io mi voglio concentrare su altro, chiudere questo capitolo e decidere come farlo finire, senza stare ad ascoltare le farfalle nello stomaco ad ogni rullo di tamburo che suona ogni volta che arriva una notifica di WhatsApp.
Esco con i cani, vado a lavorare, faccio spesa, torno a casa, accendo la tv, mangio in piedi, vado a camminare con la Poliziotta, accendo la stufa, guardo netflix e ascolto spotify.
Leggo un libro.
Scrivo un libro.
Disegno me stessa.
Ogni tanto esco con gli amici, faccio cose e vedo gente. Altre volte non faccio niente e sto bene lo stesso, altre volte ancora vorrei far niente assieme a qualcun altro e mi commuovo.
Chiudo la porta a chiave e lascio la finestra aperta.
Ho problemi di insonnia.
Guardo tv spazzatura e la recensisco perché ho bisogno di ridere. Preferisco la comicità involontaria di una fiction drammatica fatta male, rispetto alla commedia patinata. Passo l’aspirapolvere. Mi lavo i denti in maniera compulsiva. Prendo le pinzette e mi massacro le sopracciglia, il posto dove preferisco sedermi sono le scale del mio soggiorno.
Mi masturbo. Mi alliscio i capelli. Fumo tabacco e mangio biscotti.
E una soluzione la trovo sempre, spesso anche prima che si presenti il problema.
Rispondo ai messaggi fuffa e finisco col fare discorsi profondi. Altre volte avviene il contrario.
Adoro fare ricerche partendo da indizi apparentemente superflui.
Vorrei avere tante cose che non mi serviranno mai.
Non mi fido degli uomini con gli occhi chiari.
Quando amo lo faccio senza riserve, quando mi incazzo passa velocemente.
Detesto chi dice di preferire gli animali al genere umano.
Quando una cosa sta per finire prolungherei gli ultimi istanti all’infinito.
Che apro gli occhi e ringrazio il cielo o chi per lui, di non aver sognato niente.
E tu sei qui.
Accanto a me.