Norma ai tempi di Tinder

Certe mattine mi sveglio e mi sembra di aver solo sognato.
Un lungo incubo in cui mi ritrovo single a quasi quarant’anni, con pochi risparmi e un lavoro che ricopre a malapena le spese.
Mio marito mi ha salutato e non è più tornato.
Ho scoperto i motivi della fine del mio matrimonio controllando ogni sua mossa sul suo Ipad.
Dalla ricerca google dell’oroscopo cinese  al comprare il cialis online, passando per ogni mail di alberghi prenotati in Italia e all’estero.
Lei è giovane, bella e ha un piercing sulla lingua che sfoggia in ogni foto di instagram, dove si spaccia per artista.
E forse davvero leccare qualunque cosa le capiti a tiro è una forma d’arte, chissà.
Scopro che lui ha tanti soldi di cui ignoro la provenienza, improvvisamente mi crolla il mondo addosso.
Soffro come un cane e passo un’ intera estate a combattere il dolore fisico di un incidente stradale, lasciandomi sopraffare dal silenzioso rumore della rabbia e del sospetto.
Regina mi aiuta a fare il conto delle sue spese e cazzo, ero sposata con Onassis e non lo sapevo.
Ed è così strano svegliarsi oggi con la sensazione che non fa più male.
E la consapevolezza, quel sapere bene, che qualunque ferita di adesso è facilmente curabile a confronto.
E che anche quel dolore era comunque meno di altri dolori della mia intera vita, e che tutto si supera.
Non fa male.
Come Rocky, che prende pugni ma finisce l’ultima ripresa in piedi, ad un certo punto non ho sentito più nulla, mi ero come abituata.
Mi sono abituata al frigo vuoto, al thè caldo per cena, allo stomaco chiuso.
Al cambiamento e ai segni che lascia sul corpo, a sperare.
Sperare di farcela.
Per poi accorgersi di avercela fatta, perché oggi non fa più male.
Oggi riesco a guardarlo in faccia e a sorridere delle sue battute idiote, a reinventarmi civilmente sapendo di non poterlo aiutare, che è una causa persa, che non crescerà mai, come sua sorella, come la ragazzina viziata che lo usa e lo vede come un bancomat, come il resto della sua “band” di cinquantenni sfigati e la sua chitarra che ripete gli stessi due accordi con cui Ligabue ha costruito un impero.

Lo vedo finalmente  per quello che non ho mai voluto vedere, perché in dodici anni ho visto altro, ed ero innamorata di un altro.

Spiderman aveva ragione.

“Da un grande potere derivano grandi responsabilità”, e tu, cretino che sei, un giorno qualunque di qualche anno fa, mi hai detto che senza di me non potevi vivere.
Ed io quel potere non sapevo come gestirlo, se non assumendomene il carico.

Fottuta sindrome della crocerossina, non mi fregherai di nuovo!

-Basta con gli uomini da salvare.

-Basta rinfacciare sacrifici.
-Basta crogiolarsi nell’ insoddisfazione cronica.
Indosso il mio vestito verde scuro e vado a vendere il mio romanzo lungo un anno di reunion con me stessa, batterie scariche e storie maledette, tirate di capelli e scopate bizzarre.
Di lame affondate e stoccate improvvise, tribunali e magliette a fiori, orgasmi multipli e tuffi maldestri in piscina, illusioni e minuetti, canzoni stonate e baci, nuovi ruoli da interpretare nella mia vita, uscite disastrose e risate con gli amici.
Sono la protagonista, io che mi son sempre sentita comparsa.
Sono stata Topazio, sono stata l’uva, sono stata la Callas.

 

E tu invece anche stando solo, non riusciresti a tornare la persona interessante che eri… perché non ti interessa più.

-” Come sta tuo padre?”-

-” È fuori pericolo ma è parecchio debole. Mia sorella non è nemmeno passata a trovarlo, ne ha intenzione di rinviare il matrimonio”-

-” Quando tre anni fa ha avuto l’infarto ha fatto la stessa cosa, venne a pranzo da tua madre e poi andò ad una festa vestita da Marilyn”-

-” Era carnevale”– il tono sarcastico di chi ha capito che non ci si può aspettare altro dalla Meravigliosa Bubble.

-” già…ogni scherzo vale.“- sospiro, sorseggiando il mio thè al bergamotto, regalo del premuroso Charles Ingalls.

“Tu come stai?”- ci domandiamo all’unisono con un po’ di imbarazzo, -“bene”– ci rispondiamo da soli, stemperando la tensione con una risatina sciocca.

Mi sembra impossibile percepire che volendo, potrei raccontarti tutto di me e di quello che mi succede, che forse ne avrei anche bisogno, perché c’è stato un tempo in cui ci capivamo con un solo sguardo.-“Non sono mai riuscita a nascondermi da quello sguardo.”-

-” Mi hai chiesto tu di venire stavolta e se ti conosco un po’, come credo, vuol dire che c’è qualcosa che puoi dire soltanto a me”-

-” Ho i documenti da farti firmare”-

– ” E…”- 

-” E… sì, è un periodo strano, sono ad un passo dal realizzare qualcosa da sola ed ho paura. Per anni ho creduto di valere la metà di quel che sono mentre tu occupavi l’altra metà del letto. Ma non è colpa tua.”-

-” Non è colpa di nessuno, Norma. Tu non credevi in te stessa, ma credevi in me al posto mio. Pensavi che rendendoti indispensabile per gli altri saresti riuscita a stare bene. Ed io non volevo stare bene, io volevo essere felice.”-

-” È inutile che ti faccia la domanda che ti aspetti…”-

-” No, non sono felice. Anzi, so bene di essere solo un servo della gleba, so che lei mi tiene sulla corda finché non trova di meglio, so che mi sfrutta come autista e come compagnia.”-…-” Ma nonostante tutto non ho rimpianti.”-

Ed ha pienamente centrato il punto, quest’idiota di ex marito.
Mentre pone l’autografo sulla mia richiesta di divorzio e mi parla di Jackie come se fossi un’amica con cui confidarsi.

Non c’è rimpianto, non c’è rabbia, non c’è più dolore, solo una leggera nostalgia.

E se mi sveglio sola non mi domando più dove è mio marito.

Se mi sveglio con qualcuno non sono a casa mia.

Charles Ingalls non aveva niente di sbagliato ma a casa mia non ci è mai rimasto.

Dormire insieme a qualcuno lo trovo estremamente faticoso, anche con EtaBeta era così… notti lunghissime a sentirlo russare, spossata dal sesso, combattuta tra il voler rimanere abbracciata a lui per non perdermi nemmeno un momento, e il bisogno di pisciare e fumare.

Mai più.
Si può dire “mai più” per adesso?

 

-” Come va con questo tipo?”- 

Umh…da dove cominciare? Pare brutto dire che Charles Ingalls aveva un pisello enorme e un cervello poco affascinante.
Che una sera mi ha presentato ai suoi amici come “la sua ragazza” e mi è venuto uno sfogo cutaneo.
Che quando gli ho chiesto di rallentare ci è rimasto talmente male da mettermi alle strette ed ho dovuto rompere.
Che parlava di futuro e manifestava desiderio di paternità ed io non avevo nemmeno fatto in tempo a spiegargli quel “piccolo particolare della mia vita che”.
Che l’ho incontrato al pub mentre ero con le amiche e quando sono andata a pagarmi la birra me l’aveva offerta lui, che si era già dileguato.
Che la stessa cosa è accaduta durante una cena con amici, serata in cui non mi ha nemmeno rivolto parola, salvo farmi un patetico occhiolino al momento di tirar fuori il portafoglio.
Che quando gli ho chiesto un appuntamento, mi ha risposto che doveva lavorare, di sabato sera, che lui fa il contadino…che cazzo coltivi? Pipistrelli?
Che quando ho saputo che si stava rimettendo assieme alla ex, di cui diceva peste e corna, ho capito che non voleva me, voleva una donna e basta.

-“E’ finita.”-

E mentre racconto con disinvoltura il mio ultimo disastro sentimentale da cui sono uscita pressoché indenne, mi accorgo che qualcosa nella faccia del mio interlocutore si fa scura.

Perché si riconosce nel presente di un uomo zerbino, che offre cene e viaggi ma che non riceve nulla in cambio, che ha vissuto l’illusione di un fidanzamento senza preoccuparsi di quello che lei voleva, che non vuole stare solo perché non sa stare solo.
E dalla sua non ha nemmeno un terreno agricolo o un pisello considerevole, Mister Cialis.

 

-” E insomma…stiamo divorziando davvero”- sospira, –“pensare che quella di non pronunciare mai la parola divorzio era l’unica promessa che ci eravamo fatti.”

Come un fulmine a cielo aperto, lui si ricorda qualcosa che io avevo rimosso. Ed è la prima volta che succede, da quando abbiamo rotto.

Potrei gridare al miracolo, sorridere, fare qualche battuta al riguardo, ma poi lui potrebbe uscirsene con una delle sue solite sparate fuori luogo e no, non mi va di rovinarmi la Domenica, stasera ho un appuntamento importante.

-” Lo hai detto tu, sono cose che succedono.”-  anche a noi, che presuntuosamente eravamo convinti non sarebbe accaduto mai.

Una coccola ai cani e una stretta di mano, mi allontano con i piccoli al guinzaglio mentre lui sta per mettersi in macchina, ci osserviamo a distanza come Jerry Calà e Marina Suma,

“un lampo negli occhi, ciao…d’accordo, fa male, ciao…ma tu…”

 

-“Un’ora, un giorno, una vita che cosa vuoi che sia…”- rido, facendo spallucce mentre mi verso un bicchiere di vino e mando un vocale alla Clara.

Poi ad Alotta.

Poi alla Poliziotta.

-” Sto bene, amici miei, sono una quarantenne divorziata.”- 

La Betty si è fidanzata con un tinderos, Arale ha cambiato lavoro e sta provando ad avere un figlio.
La Meravigliosa Bubble si sposa domani e la Jackie farà la damigella d’onore.
Vorrei essere una delle due noccioline che ha nella testa per vedere la scena…è un peccato perdersi il matrimonio del secolo.
Magari scampo ad una strage…col MattoVero che irrompe nella loggia massonica per impedire la cerimonia, mentre gli invitati lo allontanano, lapidandolo con le rosette.

Le vite degli altri vanno avanti tra svolte e stalli, il tempo scorre e l’unica libertà che abbiamo noi, esseri umani, è decidere come impiegare i nostri minuti.
Adesso, davanti a questo schermo, con Cocciante in sottofondo, so di non perdere tempo.
E se questa lacrima scende mentre digito parole, è la prova tangibile che sono viva.

E anche che sono capace di giungere ad un compromesso con me stessa, l’ho fatto, ho cancellato l’account di Tinder e bloccato tutti i contatti che ne son derivati.

Basta con le dickpick di Ted Mosby, basta con gli inviti dell’Invitatore Nomignoloso e i deliri mistici del Tisanoreico.
È inverno inoltrato ed io entro ufficialmente in letargo.
Facendo un bilancio ho incontrato fin troppa gente stramba, conoscere le persone è davvero faticoso, anche solo marginalmente.
Forse anche riguardo a questa esperienza delle dating app la responsabilità è mia.
Giusto ieri la Poliziotta mi ha fatto notare che è sempre lei a cercarmi, io non le chiedo mai come sta, sono una maleducata.
Ed ha ragione, è passato più di un anno dalla mia crisi, possibile che mi sia abituata ad essere cercata, ascoltata, coinvolta?
Mi manca l’iniziativa con le persone, e una “presa di posizione” con gli uomini, con i tinderos, non può essere applicata anche alle amicizie più strette, fermo restando che se la Poliziotta mi dicesse che sta male, mi farei in quattro per lei.
All’inizio Tinder era eccitante, poi è subentrata la noia.
Gli ultimi match sono stati timidi saluti in chat intervallati da sconfortanti errori grammaticali e quella sensazione che tanto, nessun approccio sarebbe stato giusto, che (per fortuna) di EtaBeta ce ne è stato uno solo e che “io sono fatto così“, non l’accetto più come scusa.

E se non l’accetto non posso nemmeno usarla con gli altri.

E dire che “Ma ancora che vi innamorate? Ma non c’avete sonno?” era la frase preferita della Betty fino a qualche tempo fa.

Beh…io mi voglio concentrare su altro, chiudere questo capitolo e decidere come farlo finire, senza stare ad ascoltare le farfalle nello stomaco ad ogni rullo di tamburo che suona ogni volta che arriva una notifica di WhatsApp.

Perché quando è rullo di tamburo è lui che mi pensa, che mi pensa da quell’alba che siamo tornati a casa senza baciarci, fino a non dimenticarci mai.
Casa mia si trova alla fine di una curva, lungo la strada che attraversa il centro di un paese sconosciuto. Adoro le case dall’aspetto fatiscente, un po’ abbandonate.
Esco con i cani, vado a lavorare, faccio spesa, torno a casa, accendo la tv, mangio in piedi, vado a camminare con la Poliziotta, accendo la stufa, guardo netflix e ascolto spotify.
Leggo un libro.
Scrivo un libro.
Disegno me stessa.
Ogni tanto esco con gli amici, faccio cose e vedo gente. Altre volte non faccio niente e sto bene lo stesso, altre volte ancora vorrei far niente assieme a qualcun altro e mi commuovo.
Chiudo la porta a chiave e lascio la finestra aperta.
Ho problemi di insonnia.
Guardo tv spazzatura e la recensisco perché ho bisogno di ridere. Preferisco la comicità involontaria di una fiction drammatica fatta male, rispetto alla commedia patinata. Passo l’aspirapolvere. Mi lavo i denti in maniera compulsiva. Prendo le pinzette e mi massacro le sopracciglia, il posto dove preferisco sedermi sono le scale del mio soggiorno.
Mi masturbo. Mi alliscio i capelli. Fumo tabacco e mangio biscotti.
Bevo vino rosso, caffè americano, camomilla con zucchero e limone. Penso.
E una soluzione la trovo sempre, spesso anche prima che si presenti il problema.
Rispondo ai messaggi fuffa e finisco col fare discorsi profondi. Altre volte avviene il contrario.
Adoro fare ricerche partendo da indizi apparentemente superflui.
Mischio le sibille e le interrogo ma poi mi dimentico le domande.
Mi guardo allo specchio, ci sono giorni che mi trovo fantastica, altri che proprio no.
Corro lungo una strada di campagna, faccio tre volte avanti e indietro e torno a casa.
Vado a trovare i miei genitori e mi incazzo con loro che non vivranno in eterno.
Alzo il volume in macchina, canto mentre guido.
Per anni ho avuto la convinzione che il telecomando si chiamasse “macchinetta”.
Vorrei avere tante cose che non mi serviranno mai.
Vendo online tutte le cose che non mi sono mai servite.
Ogni tre giorni mi depilo perché non si sa mai. Non indosserò mai un pigiama.
Non porto orologi perché li perdo o li rompo, sono imbranata e inciampo su tutto.
Adoro i canditi, non sopporto di vedere gente che scaccola il panettone a Natale.
Non mi fido degli uomini con gli occhi chiari.
Sono brava a nascondere i miei sentimenti e so anche mentire se necessario.
Cerco sempre di non avere pregiudizi ma spesso l’intuito prevale.
Quando amo lo faccio senza riserve, quando mi incazzo passa velocemente.
A volte la rabbia scompare e riappare più forte di prima, se litigo tendo ad urlare.
Quando sbaglio lo faccio quasi sempre consapevolmente.
Spesso mi soffermo sui dettagli trascurando le cose importanti.
Ho paura della felicità ma non smetto di cercarla.
Se mi arrendo io, vuol dire che non c’è proprio un cazzo da fare.
Detesto chi dice di preferire gli animali al genere umano.
Amo chi sa ridere di se stesso e non si prende mai troppo sul serio.
Sono una fottuta romantica travestita da donna tutta d’un pezzo.
Quando una cosa sta per finire prolungherei gli ultimi istanti all’infinito.
Ho la certezza assoluta che nessuno, nessuno riesca a comprendermi quando parlo. Probabilmente è per questo che scrivo.
Sono timida ma non sembra, insicura, ma tento di non darlo a vedere.
Mantengo segreti che moriranno con me.
Ho l’assurda convinzione che le scarpe nere mi facciano sembrare più bassa.
Se c’è una macchia di umidità la copro con un arazzo.
Nella mia libreria ci sono libri che non ho mai letto e libri che ho riletto più di tre volte, nella mia videoteca, film che probabilmente non vedrò mai e film che conosco a memoria.
Se ascolto alcune canzoni non posso fare a meno di dirigere un’orchestra immaginaria con la cucchiara in mano.
Non mi piacciono le vie di mezzo, le detesto.
Toglietemi tutto ma non la settimana del Festival di Sanremo.
Il neo sul collo di Caterina Balivo mi fa impressione.
Ho paura delle mani di Gianni Morandi e da bambina piangevo quando partiva la sigla di Superclassificashow.
A volte sogno di stare ancora col mio ex marito, sogno il presente con lui e mi sveglio confusa.
La prima storia che ho scritto aveva Marco Masini come protagonista maschile.
Ed anche il mio primo sogno erotico.
Potrei mangiare solo arachidi e pistacchi.
Se entri da quella finestra che ho lasciato aperta, se mi prendi la mano, se mi guardi interdetto mentre annodo distrattamente il laccio della tua felpa con cappuccio e poi mi dai un bacio…è finita, mi hai trovata.
Se mi osservi di nascosto mentre dirigo la mia orchestra immaginaria e mi stringi a te ridendo… è fatta, sono tua.
Se mi chiedi di non amarti non ti amerò, ma se non chiedi nulla è meglio, perché allora sarò libera di legarmi a te.
Se con me sarai leale non mi perderai mai.
Se mi aiuterai a migliorare ma non mi chiederai di cambiare, io ci sarò sempre.
E se mi sveglio dopo di te, perché al tuo fianco riesco anche a dormire…allora sei tu.
Come adesso.

Che apro gli occhi e ringrazio il cielo o chi per lui, di non aver sognato niente.

E tu sei qui.

A casa mia.

Accanto a me.

FINE.

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