Tinder ai tempi del “come stai?”

Tre giorni di neve e due di pioggia, di freddo intenso in una casa con un riscaldamento ingegnoso, talmente ingegnoso che è un miracolo se arrivo a sedici gradi.
Non lavoro, non guadagno, non dormo, non posso andare a correre ed è una fortuna che io abbia il frigo vuoto.
La mia macchina vintage è sommersa, sorvoliamo sul fatto che non ho le catene adatte ed ho il terrore di non riuscire a metterla in moto.

Spotify, fedele amico, mi ricorda che è un sacco che non me la prendo, che non mi offendo e che non sputo allo specchio per lavarmi la faccia… ho sei conversazioni su Tinder, una più pallosa dell’altra: gente che ha la passione per le passeggiate nei boschi, per la pesca sportiva, per la musica jazz.

E un deficiente che insiste per prendere un caffè a metà strada nonostante gli abbia confessato che gli ho messo il like per sbaglio…si può cadere così in basso?

Ad un certo punto subentra la noia, o forse l’apatia.

Il mio (quasi) ex marito mi manda messaggi preoccupanti:

Come va con la neve? i cani come stanno? tu sei al caldo?” chiede…che per nove mesi te ne sei sbattuto e adesso improvvisamente pullulano i punti interrogativi.

Se c’è una domanda alla quale non so come rispondere è la più banale delle domande: COME STAI?

Come sto?

Bene, fino a dieci minuti fa.
E Sabato ho un appuntamento.

Una roba classica, un incontro a metà strada in cui dovrò cercare di non lasciar trapelare il mio quasi totale disinteresse, perché se già è faticoso sostenere una conversazione in chat con uno che “odia il virtuale” figurati quando lo incontrerò e scoprirà che scrivo nel mondo virtuale da più di otto anni.

Ma chi se ne frega…mezz’ora al telefono in cui lui mi racconta i suoi viaggi, la sua passione per la cucina e la musica, lo sport.

Sferro due-tre battute delle mie, gioco il jolly cultura pop, ma niente, comincio a pensare che sia una pessima idea, non ha i miei stessi riferimenti trash e non coglie le sfumature.

Col senno di poi, sarebbe stato meglio ascoltare l’istinto. Ma tutto serve nella vita.

Come serve la telefonata bomba delle dieci di mattina… L’amica comune, Occhi da Orientale, me l’anticipa con un messaggio whatsapp: Onassis e Jackie si sono mollati.

Onassis è il mio quasi ex marito, Jackie è, anzi era, il motivo della nostra separazione.

Ventiquattro anni, occhi azzurri, capelli lunghi e scuri, piercing alla lingua e tatuaggio underboobs.
Ma sottolineo i ventiquattro anni, contro i quarantesei di lui.

Che in pieno delirio di mezza età misto a sindrome di Peter Pan è riuscito a mandare a peripatetiche la mia vita sputtanandosi un capitale (per il quale ho lavorato duramente anche io) nel giro di un’estate.

Sputtanandolo in cavolate quali notti in alberghi a cinque stelle dal design in stile materico, viaggi, regali, gioielli, orologi con la mela smozzicata e ordini in quantità industriali di pasticche blu.

Occhi da Orientale mi racconta di come lui abbia contattato una sua amica e le abbia raccontato tutto… fatalità scopro così,che dopo essersi fatta portare a Dublino, Edimburgo ed Amsterdam, la tipa dalla lingua forata l’ha scaricato…ecco perché tutto a un tratto vuol sapere se sono al caldo!

Quanto sono prevedibili gli uomini.

Tempo cinque minuti e mi arriva un suo  messaggio, con richiesta di vedermi.

Festeggio.
Lo so, c’è poco da gongolare, ma festeggio.

Esplodono le sedici chat aperte su whatsapp che hanno tenuto banco per tutta l’estate 2017…offro aperitivi e pizze, brindisi e sbronze, di amici ne ho tanti e tutti mi son stati vicino quando il matto è diventato scemo.

All’appuntamento di Sabato nemmeno ci penso, pranzo con la Poliziotta per aprire il vino portato da Quellocolcappello, totalmente ubriache decidiamo di iniziare una tradizione: il vino portato da Tinder si beve con le amiche.

“Ma lui lo sa che tu sai?” chiede la Poli, riferendosi ad Onassis

“no, aspetto solo che me lo dica…”

“Ma cosa ti ha chiesto?”

” Niente, ha solo detto che vorrebbe venire a pranzo questa domenica, con la scusa di votare.”

“E tu?”

“Gli ho detto che se vuole votare non c’è problema, ma il pranzo è fuori discussione.”

Che poi conoscendo le sue preferenze politiche, l’ideale sarebbe se non votasse nemmeno.

Ma fa niente, solo per votare non intende venire, sarà per un’altra volta…male che va ci vedremo  per l’udienza di separazione fissata per la fine di Marzo.

Brindiamo, il vino ci da alla testa.

In un susseguirsi di telefonate, incontri e cin cin ecco che arriva Sabato e io sono talmente euforica da non essere in vena di prepararmi.

“Solo un caffè, due chiacchiere e poi me ne vado”, ripeto come un mantra mentre guido sotto la pioggia il mio macinino.

“Devo ricordarmi di spegnere le luci quando arrivo”, penso, ma il corto circuito del mio cruscotto non mi avviserà e accadrà l’irreparabile.

 

Lui è più alto di quanto pensassi.

Ha gli occhi chiari, non mi fido degli occhi chiari.

Sembra un ragazzo tranquillo, andiamo al bar e ordiniamo due birre, diluvia, c’è poco da girare, tocca parlare.
Per parlare parlo, tento di farmi conoscere e coinvolgere da una conversazione che spazia tra viaggi, passioni e mini biografie, in cui lui mi racconta la sua vita e io ometto per non apparire egocentrica.

Non so come sia possibile ma gli risulto persino simpatica, passano quasi tre ore, mi propone di andare a cena.

E perché no? alla fine si parla di sushi e non posso dire no al sushi.
Ma sono le sette ed è presto per andare a mangiare, passiamo a controllare la mia macchina, temporeggio.

E mi accorgo dell’irreparabile…

I fari accesi.
Tre ore, macchina ferma e fari accesi.
E batteria scarica.
Bella figura di merda.

Non oso pensare a quello che possa aver pensato lui, di me, di quanto a 39 anni una donna possa essere rincoglionita.
Tentiamo invano di farla ripartire, ovvio che lui non ha i cavetti, ma conosce un metodo anche se a me pare ridicolo.
Spinge la macchina mentre io giro la chiave ma nulla, è morta.

E adesso?

E adesso non posso fare altro che prendere il telefono e chiamare Mary Poppins, colei che in borsa ha sempre tutto.
La Mary mi promette: “un quarto d’ora e arrivo, con i cavetti e il fidanzato elettrauto a seguito” bene, il problema è risolto, forse riusciamo ad andare a cena.

Ma io cosa faccio adesso per un quarto d’ora con questo sconosciuto che mi sta anche un po’ sulle balle?
L’irreparabile 2, la vendetta.

Chiudo il telefono, ci scambiamo uno sguardo e comincio a ridere di una risata isterica, da deficiente totale e sguaiata allargo le braccia e lui fraintende il segnale, si avvicina e mi bacia.

Io da piccolina avevo sentito dire di ranocchi che diventano principi e di bestie che tornano esseri umani.

Beh, in questo caso avviene l’esatto contrario: il bravo ragazzo comincia a fare mmmmmm mentre mi pomicia,(male, senza lingua, tipo bacio cinematografico) e ha già tutte e due le mani sulle mie tette.

Comincia a fare freddo e mi invita ad aspettare l’arrivo di Mary Poppins nella sua auto.
La trasformazione in polpo avviene in maniera completa.

Inizia un delirio di baci imbranati e mugolanti,(quel mmmm mentre mi bacia mi infastidisce non poco) mani dappertutto e complimenti smodati alle mie tette.

Non c’è nulla di peggio di uno che non ci sa fare ma convinto del contrario, io inoltre sono in preda all’ansia e più preoccupata della batteria morta piuttosto che del passatempo che mi son trovata.

Arriva Mary, scendo dalla sua auto, mentre lui rimane dentro. Probabilmente in imbarazzo.

Mary capisce al volo e non fa domande anche se se la ride sotto i baffi, vista soprattutto la mia espressione alla “e mo’ come ne esco?” mentre tiene accesa la torcia al suo ragazzo che in un esplosione di scintille riavvia la mia batteria scarica e mi consiglia di lasciarla in moto per un po’ prima di ripartire.

Partiti gli amici, finalmente si degna di scendere e di venirmi incontro, dovevo farlo, dovevo montare sul mio macinino e partire lasciandolo lì, nel parcheggio semi-deserto.

“Allora andiamo a cena?” chiedo speranzosa
“No dai, rimaniamo qui”, sentenzia lui. E mi ribacia, sempre peggio, devo ammettere.

Mi riporta nella sua auto, si sposta per  bene al buio.

“adesso te lo do io il sushi!” esclama mentre mi mette una mano tra le gambe.

Pessima battuta.
Davvero pessima.

Per chi mi hai preso? per una “affamata di sushi”? quando solo una settimana prima Quellocolcappello mi ha rivoltata come un pedalino?
Mi prende la mano e me la mette sul pacco, sì ok…Asia Argento scansate, tu guarda in che razza di situazione mi trovo, io che smanetto uno che trovo noioso perché devo tenere la mia auto in moto e andarmene il prima possibile.

Darla via per riuscire ad andar via, l’equivalente di darla per non farsi violentare.

Altro che le attricette molestate dai produttori per lavorare ad Hollywood! Questa è sopravvivenza.

“Dai, andiamo a cena, facciamo domani…” tento di dissuaderlo.
Non mi sono depilata, ho l’intimo da combattimento, ho lasciato un macello a casa…dai abbassa il sedile, cerca il goldone, sta a 3000 vuole farlo ora, subito, adesso.

“Ma quanto mi piaci”, mi dice, ma che tette ho!  ribadisce. Come se non ne fossi a conoscenza.

Ed è come guardarsi allo specchio, mi vedo da fuori a cercar conferme, io piaccio ad uno che non mi piace granché, ma fa niente, è un dettaglio trascurabile…l’essenziale è piacere.

E poi sono stata campionessa mondiale di sesso in macchina dal 1995 al 2006, l’idea di rifarlo dopo tutto questo tempo mi intriga non poco.

Ma qualcosa va storto, nonostante il mio talento. E adesso è la sua di batteria a non volerne sapere di mettere in moto tutto l’ambaradan.
Era pronto sulla rampa di lancio ma niente, muore inesorabilmente sul più bello e lui si mette a piangere. A piangere!

E dà la colpa al preservativo, sottolineando che non gli è mai successo prima.

Ecco, “non mi è mai successo prima…” che vuol dire? che forse sono io?

Questa esigenza degli uomini di informarci che è la prima volta che gli succede non la capirò mai.

Ma a me cosa dovrebbe importare se riuscivi o meno a scopare le altre? A me importa solo che non riesci a scopare ME!

Lo volete capire o no? Nessuna donna ama entrare nel vostro personalissimo primato, soprattutto in questo primato!

è umiliante per noi e vi rende ridicoli perché se la vostra preoccupazione è convincerci che non siete impotenti, allora c’è poco da fare: siete ottusi! che a mio avviso è ben peggio.

“Beh, non mi era mai capitata una che la prima sera…”

No amico, frena! Non ci provare nemmeno a dire che è colpa mia, non farlo!

“Forse ho bisogno di conoscerti meglio, di innamorarmi…” Tenta di salvarsi in corner.

E io di non conoscerti affatto, mi spiace, non funziona. In tutti i sensi.

Non so se è chiaro…ho appena chiuso un matrimonio, negli ultimi anni di momenti scoraggianti ne ho vissuti e parecchie volte ho pensato di non piacere più al mio uomo, mi sono colpevolizzata, mi son sentita brutta, mi sono fatta brutta. Per poi scoprire che le mie paranoie avevano ragione ed erano le mie insicurezze ad aver torto.

Non permetterò certo al primo stronzo conosciuto su Tinder di farmi sentire di nuovo così…non lo merito.

Saranno mica i tuoi mugolii mentre limoni o le frasi fuori luogo che pronunci?

Che a fare premesse siam tutti bravi, tutti a parole… ti presenti come l’ultimo dei romantici, poi vaneggi di tette spagnole e maialate varie appena capisci che ci sto.

E la colpa è mia perché ci sto???

ma siamo al delirio puro qui, fatti curare, non il pisello, fatti curare il cervello, che così non lo so dove andrai a finire, bello mio.

Ed ecco che a conti fatti, oggi è il giorno delle batterie scariche, delle pile avariate, dei coniglietti che cadono a terra tramortiti in una maratona di duracell in cui Quellocolcappello ti ha doppiato senza star tre ore a blaterare di musica jazz e cose che non abbiamo in comune.

E della tua disfunzione mi importa relativamente se mi piaci o se ho voglia di farlo con te, ma considerato che di queste due ipotesi non ce ne è una che prevale, arrivederci e grazie.

Era meglio andare a cena, conoscerti meglio e dirti che no, non me ne frega niente dei tuoi concerti, del tuo campionato di freccette e della pesca sportiva in Finlandia, semplicemente non mi interessa conoscerti, poteva intrigarmi l’idea di scopare in un parcheggio al buio come si faceva a vent’anni, ma la realtà, l’amara realtà, è che tu ricominci a parlare dei cavoli tuoi mentre io fumo settordici sigarette e si è fatta mezzanotte.

Ed è meglio se torniamo a casa e fare finta di non aver perso tempo.

Che domani il sushi lo vado a mangiare con le ragazze.

Mentre guido la mia macchina vintage scattante, ricaricata a molla e col cruscotto spento ecco che la ritrovo in un loop senza fine…

 

Come stai?

è un sacco che non te la prendi,

è tanto che non mi offendi

e che non sputi allo specchio per lavarti la faccia…

 

Immortalo il momento, faccio spallucce consapevole che il peggio è passato e ignorando che il meglio arriverà da lì a poco.

Pochissimo.

 

Precedente Tinder ai tempi della reunion #1 Successivo Tinder ai tempi delle storie maledette

4 commenti su “Tinder ai tempi del “come stai?”

Lascia un commento